To The Bone - Steven Wilson


TITOLO:  To the Bone

ARTISTA:  Steven Wilson

GENERE:  Progressive Pop

ANNO:  18/08/2017

PAESE:  UK 

ETICHETTA:  
Caroline Records



Finalmente arriva il tanto discusso nuovo album di Steven Wilson, artista poliedrico e prolifico all'inverosimile.
Diventato nel corso del tempo un emblema nel mondo della musica Progressiva, ha destato non poche polemiche e discussioni, quando si è palesata l'improvvisa svolta POP imboccata dall'artista britannico.
Pop? Sì, esatto. Ma non quel Pop a cui l'industria discografica ci ha abituati, no, mi riferisco a quello alto, rappresentato da artisti come Beatles, David Bowie, Peter Gabriel e tanti altri.
Nonostante gli epiteti pesanti che gli sono stati attribuiti, Steven Wilson non fa la Pop star, non si atteggia a tale. Anzi mantiene sempre la sua verve progressiva.
Dimostra di aver fatto tesoro delle esperienze passate, mettendo tutto se stesso all'interno di To the Bone,  progetto che lo ha visto direttore di ogni singolo aspetto della costruzione dell'album.
To the Bone è un album che medita sui punti di vista e su quanto questi influenzino le nostre percezioni. La Prospettiva infatti è il tema portante.
Tema che viene approfondito tramite argomenti quali la politica, il terrorismo, l'amore e la verità.
Steven Wilson si focalizza sulla scrittura e sulla sperimentazione con i vari generi, mostrando enorme abilità compositiva e capacità tecnica, si distacca dai ritmi lenti e nostalgici dei lavori precedenti, per abbracciare ritmiche più sostenute e atmosfere più allegre. Sono continui i rimandi ai Porcupine Tree, ma senza cercare la ripetizione.
Introduce anche le parti vocali femminili, elemento diventato sempre più importante negli ultimi anni, in particolar modo negli eventi live.
I singoli che hanno anticipato l'album sono una dimostrazione di questo nuovo approccio.
Pariah, primo duetto, beneficia della presenza femminile di Ninet Tayeb.
È un brano che prepara e introduce a una nuova veste, più positiva ed ottimistica. Le due voci si dividono, quella maschile manifesta un desiderio di arrendevolezza, mentre quella femminile cerca di trasmettere forza e coraggio.
Il brano è un ritorno a Lazarus, non solo nello stile e nella composizione, ma anche nel concetto di resurrezione.
Song of I è un brano che parla dell'amore e della sottile linea di demarcazione tra romanticismo e ossessione. Anche questo è un duetto, in collaborazione con Sophie Hunger, ma che si differenzia da Pariah. Affronta lo sviluppo vocale con una scrittura completamente diversa,
sovrapponendo le voci, dimostrando un'intenzione compositiva differente in modo da enfatizzare il concetto di base.
Il brano richiama le sonorità del Bowie più elettronico, per evolversi nell'industrial dei Nine Inch Nails, creando una sorta di tributo ad "I'm Afraid of Americans", per poi virare verso una crescita esponenziale che strizza l'occhio ad "In the House, In a Heartbeat" di John Murphy, esplodendo in toni sinfonici quasi epici.
È doveroso aprire una parentesi per parlare di Permanating (ovvero quando Steven scoprì il Prozac). La canzone più felice mai scritta. Ha fatto storcere migliaia di nasi all'unisono, talmente in fretta che si è potuto udire distintamente il "crack".
È una canzone che richiama fortemente gli Abba, ma magari gli Abba scrivessero così bene.
Canzone inusuale, dal tono allegro, come un balleto Bollywoodiano, che si riveste di Pop, ma lo fa solo in apparenza. Parla del rendere permanente un momento di pura gioia e cristallizzarlo nella memoria, renderlo eterno e costante, una bellezza che non sfiorisce mai.
Nostalgico ma non struggente. Una sorta di cassaforte dei pensieri positivi, lì a disposizione, come punto fermo nel tempo.
To the Bone è intriso di cambiamento, un manifesto dell'evoluzione non solo del genere ma anche di un artista. Una progressione, uno sviluppo melodico ed armonico da pelle d'oca. Steven Wilson riesce a creare dei brani maestosi che trasudano grandezza e perfezione.
Una cura maniacale per i dettagli, una produzione ricca, dove ogni singolo suono è comprensibile.
È un album maturo, che mostra abbastanza carattere e forza da rendersi vulnerabile ed aprirsi a tutti,
sapendo ben bilanciarsi tra orecchiabilità, incursioni rock, psichedelìa, elettronica quasi industrial, accenni metal, citazioni ai grandi e richiami alla propria storia, senza mai smettere di essere progressivo, non in termini di genere, bensì di concetto.
Le strutture sono arricchite ma mai prolisse, mutano continuamente, si muovono e vivono di vita propria. Wilson crea un album che riesce a fare citazione dell'intera carriera dell'artista,
senza cadere nella spocchia e nell'autoerotismo. Gli accenni pop ci sono, ma non sono invadenti. 
Non si punta alla vendita facile di strutture riciclate, con quel senso di "già sentito", ma si approfitta dell'orecchiabilità di alcuni brani (atteggiamento già usato nei Porcupine Tree) per aprirsi a nuove strade, puntando sull'esplorazione. Arrivando alla svolta e abbandonando quel pesante velo di nostalgia, tristezza e pessimismo, senza mai rinunciare all'introspezione.

-          Molkolm Lheuk Willznor

VOTO
Pelle d'oca due volte "tanto così" 9 /10
Track List :
1. To The Bone (6.41)
2. Nowhere Now (4.04)
3. Pariah (4.44)
4. The Same Asylum As Before (5.14)
5. Refuge (6.42)
6. Permanating (3.35)
7. Blank Tapes (2.09)
8. People Who Eat Darkness (6.03)
9. Song of I (5.22)
10.
Detonation (9.20)
11. Song of Unborn (5.56)

Line Up :
Steven Wilson – Chitarre, voci, basso, tastiere e produzione
David Kollar – Chitarre
Mark Feltham – Armonica su "To the Bone" and "Refuge"
Nick Beggs – Basso, Chapman stick
Andy Partridge – Composer
Jeremy Stacey – Batteria
Craig Blundell – Batteria
Ninet Tayeb – Voce su "Pariah" and "Blank Tapes", cori su "To the Bone", "Permanating" e "People Who Eat Darkness"
Adam Holzman – Tastiere
Sophie Hunger – Voce su "Song of I"
Jasmine Walkes – Parlato su "To the Bone"


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