Opeth - Still Life
TITOLO: Still Life
ARTISTA: Opeth
GENERE: Progressive Death Metal
ANNO: 1999
PAESE: Svezia
ETICHETTA: Peaceville Records
Di
solito, buona parte delle band, una volta trovato il proprio stile, il proprio
percorso artistico, continuano imperterriti a seguirlo, rendendo la propria
opera piuttosto monotona e uguale a sé stessa. Altri, invece, una volta trovata
la dimensione in cui meglio si trovano, escono dal loro tracciato, provando
soluzioni sperimentali che li elevano da semplice band a vera e propria
leggenda. È questo il caso degli Opeth
che, nel 1999, giunti alla loro quarta fatica, realizzano un album estremamente
complesso, Still Life. Un album in
cui tutto ciò che era stato fatto in precedenza viene preso ed arricchito con
altri elementi più tendenti al blues e al prog rock settantiano che è da sempre
il grande amore del leader Mikael Åkerfeldt.
È così,
dunque, che gli Opeth sfornano quello che, per importanza storica, è forse il
loro album migliore. Già la traccia incipitaria, The Moor, propone nuove soluzioni che sono la dichiarazione di
indipendenza della band dagli stilemi e dai cliché tipici del death metal:
l’alternanza clean-growl, già presente nello stile della band svedese, i
favolosi intrecci chitarristici che creano trame sonore complesse
all’inverosimile ma estremamente piacevoli, i testi sempre densi ed
emozionanti, mai banali (“I was foul and
tainted, devoid of faith/ wearing my death mask at birth.”).
Tutto
l’album scorre naturale e piacevole, pur nelle sue cupe atmosfere, che
raccontano la storia di un esilio, di un amore, quello per Melinda, lontano e
unico lume nella vita del protagonista: ogni suono, ogni nota, ogni singolo
elemento che riempie le nostre orecchie è perfettamente nel posto in cui
dovrebbe stare, le architetture musicali costruite da Åkerfeldt & Co. sono
sontuose ed eleganti, memorabili nella loro complessità e molto varie. Ci sono,
infatti, canzoni molto violente come Serenity
Painted Death e oasi di pace ed emozione come Benighted con estrema
naturalezza, coinquilini in un palazzo signorile, elegante, raffinato ma dai
toni perennemente cupi. Ma il vero capolavoro dell’album, insieme alla prima
traccia (una delle migliori dell’intera discografia della band, insieme a Blackwater Park), arriva con “Face of Melinda”: una canzone che
descrive la donna amata dal protagonista, ricca di delicatezza e sentimento
come mai si era sentito prima in un album death metal, un pathos
incommensurabile permea tutta la traccia, grazie anche alla voce di Åkerfeldt,
calda come l’abbraccio della persona che si ama e delicata come un bacio.
Anche nei
momenti più complicati e musicalmente ricchi, gli Opeth riescono a rendere le
tracce molto orecchiabili, tanto che alcuni ritornelli e sezioni musicali si
adageranno leggiadre nella vostra mente senza mai più abbandonarla, riemergendo
più e più volte dalla memoria e spalancandovi la bocca per uscire dal silenzio
della vostra testa.
Che altro
dire di questo capolavoro? Se non lo avete mai ascoltato, recuperatelo subito:
è un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita.
Buon
ascolto.
Federico “Tyst”
Querin
VOTO 9/10
Track List :
- The Moor;
- Godhead’s Lament;
- Benighted;
- Moonlapse Vertigo;
- Face of Melinda;
- Serenity Painted Death;
- White Cluster.
Line Up :
- Vocals: Mikael Åkerfeldt;
- Bass: Martin Méndez;
- Guitar: Mikael Åkerfeldt;
- Bass: Martin Méndez;
- Guitar: Mikael Åkerfeldt;
- Guitar: Peter Lindgren;
– Drums: Martin Lopez.
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