Netra - Ingrats

TITOLO: Ingrats

ARTISTA: Netra


GENERE: Avantgarde


ANNO: 2017


PAESE: Norvegia/Francia


ETICHETTA: Hypnotic Dirge Records





È inverno, fuori fa freddo. Sono sulla soglia della porta di casa mia, ancora incerto. Mi decido. Cuffie nelle orecchie, cappuccio sulla testa. Esco.

Sull'ascensore che mi condurrà al piano terra, sono le note jazz di "Gimme a break" a riempire le mie orecchie. Le porte dell'ascensore si aprono, rivelando ai miei occhi il buio della notte di una città disumana, cemento e luci accecanti tutte intorno a me. La mia passeggiata nella desolazione del mondo moderno ha inizio. Va tutto bene, continuo a ripetermi. Va tutto bene, va tutto bene. "Everything's fine". Le mie orecchie vengono violentate da una grezza sfuriata in puro stile black metal. Sento gli sguardi dei colossi di cemento dritti su di me, scrutano la mia anima. Un'anima nera. Faccio finta di nulla, mentre, dentro di me, urla di disperazione stanno lottando per squartarmi la bocca e vibrare nella gelida aria metropolitana, volare pesanti come macigni. Non guardatemi, va tutto bene. Va tutto bene, non posso lamentarmi: è tutto ciò che riesco a pensare.
Tra valanghe black metal e passaggi più melodici al pianoforte, la prima traccia finisce. I miei piedi continuano a muovere passi lenti e incerti, mentre inizia "Beneath my words the ruins of yours". Asettiche note trip-hop si adagiano leggere nella mia testa, mentre la città attorno a me si piega sopra di me: ormai sono una cavia nel labirinto di un laboratorio. Solo. Non posso fare a meno di pensare quanto l'umanità sia caduta in un abisso di solitudine, pur essendo sempre circondata da qualcuno.
Luci al neon che mi stordiscono, illuminandosi e spegnendosi e disegnando strane figure
Chiudo gli occhi per spegnere le luci. Un nuovo sentiero si srotola ai miei piedi, mentre il mix trip-hop/alternative rock di "Live with it" guida le mie gambe. Il nuovo percorso che sto seguendo mi conduce verso un nuovo mondo, in cui la desolazione urbana è solo un incubo, non una triste realtà. Ma inizia a piovere. Riapro gli occhi. Sono ancora sotto quelle luci al neon. Loro sono lì, illuminate, senza pensieri. Si prendono gioco di me. Il mio cuore si appesantisce sotto la pressione di una noia infinita.
Decido che è meglio cambiare marciapiede, mentre inizia la riproduzione di "Don't keep me waiting". Mi avvicino alle prime strisce pedonali che vedo. Loro giacciono lì, pronte a farsi schiacciare dal mastodontico peso della mia esistenza. Ma ancora non posso calpestarle. Due fari in lontananza. La pioggia continua a picchiettare sulla mia felpa, mentre attendo, completamente atarassico, che l'automobile passi. Passano i minuti, non la macchina. I fari restano lì. Decido di attraversare. Solo allora le luci dell'automobile scorrono feroci davanti a me, quasi mi investono. L'adrenalina sale al mio cervello, il cuore inizia a battere forte. 
Dall'altra parte della strada, un distinto signore con l'ombrello osserva la mia patetica scena, un simpatico sorriso sulle sue labbra. Gli sorrido. Ha tutta l'aria di essere davvero un uomo benevolo. La scarica di adrenalina si affievolisce, fino a svanire del tutto. Mi avvicino all'uomo. Giunto a poco più di un passo da lui, il mondo mi crolla addosso. Quel momento di flebile contentezza appassisce nel giro di mezzo secondo: quell'uomo non c'è. 
La delusione distrugge la mia voglia di continuare la passeggiata: è ora di tornare a casa. Percorrendo la medesima strada fatta poco fa, sento la pioggia e il cemento che ridono di me, sento le prese in giro di un'umanità sigillata nell'angoscia delle proprie case, prigioni della vita. Estraggo dalla tasca il mio lettore mp3, il cui schermo recita: "Paris or me". Note dark ambient. La perfetta colonna sonora per un viaggio nei meandri del Nulla urbano.
Quasi a casa. Il cielo sta cessando il suo pianto, la luna torna a farsi vedere timidamente, dietro un leggero velo di nubi. Non c'è un happy ending, dico tra me e me, mentre "Could've, should've, would've" accompagna i miei ultimi passi prima di rientrare a casa. Avrebbe potuto, avrebbe dovuto essere molto meglio.
Rientro nella mia palazzina. Riprendo l'ascensore. 
Altre note jazz, quelle di "Jusq'au-boutiste". Note quasi allegre. Ma non ho nulla per cui essere allegro. La musica lo sa. Ed ecco che soddisfa la mia negatività regalandomi brevi istanti black metal e angoscianti paesaggi sonori dark ambient/trip-hop. 
Le porte dell'ascensore si aprono. Io sono bagnato fradicio. Esco. Apro la porta di casa. Entro. Casa dolce casa. Anzi, no. Non c'è assolutamente nulla di dolce.

Federico "Tyst" Querin



VOTO: 8/10

Tracklist:

- Gimme a break;

- Everything's fine;
- Underneath my words the ruins of yours;
- Live with it;
- Infinite boredom;
- Don't keep me waiting;
- A genuinely benevolent man;
- Paris or me;
- Could've, should've, would've;
- Jusqu'au-boutiste.

Lineup:

- Netra: all instruments

Commenti

Post più popolari