Tool - 10000 Days


TITOLO: 10.000 Days
ARTISTA: Tool
GENERE: Neoprogressive, Progressive Metal, Progressive Rock
ANNO: 28/04/2006
PAESE: U.S.A  
ETICHETTA: Tool Disectional, Volcano Entertainment




"Molto bene dunque, prova ad immaginarlo se vuoi..."

Passati i canonici 5 anni, la band californiana spezza il silenzio.
Dopo varie false partenze, tra cui l'immancabile siparietto dove più titoli di album vennero diffusi per poi essere smentiti, dopo aver fatto cuocere i fan nel loro brodo, arriva 10.000 Days.  Le aspettative sono alte, molto alte, del resto dopo album del calibro di Ænima (1996) e Lateralus (2001) non ci si poteva aspettare di meno.
Vicarious è il primo singolo estratto che anticipa (di poco) l'uscita dell'album ufficiale e lo fa vibrando sulle note del Neoprogressive.
Ovviamente, con tanta aspettativa di mezzo, la critica si spezza: chi li accusa di ripetersi ed essere incapaci di rinnovarsi (?) e chi ne esaltava ogni piccolo dettaglio al limite del fervore religioso. Naturalmente non manca la critica "all'accessibilità" del brano, stavolta però considerato troppo accessibile, soprattutto nei testi.
Vicarious è infatti composto da liriche molto dirette e, per i canoni dei TOOL, poco contorte. Critica il modo di vivere vicario, il malsano bisogno di violenza, sangue e dolore, ma solo se questi bisogni vengono vissuti attraverso altre persone e mezzi.
La stratificazione non manca, quel tassello che ha fatto grande la band ma che più volte ha persuaso gli ascoltatori di ascoltare qualcosa di estremamente ermetico ed elitario,
che ha spinto i fan ad ammantare la band di un’ aura divina. Atteggiamento mal sopportato dalla band, che più spesso si è mostrata insofferente o addirittura aggressiva, nei confronti di questo fardello; lo stesso Maynard per liberarsi di tale cappa, nel 2007, si lancerà nel progetto Puscifer. È facile dunque intuire che tale accessibilità sia stata una scelta ponderata.
Infatti non si snaturano, mantenendo comunque una certa dose di esoterismo ma in modo più aperto. Paradossale vero? Forse, ma anche sintomo della trasformazione della band.
Jambi, secondo brano della tracklist (terzo ed ultimo singolo estratto) vibra dello stesso vigore e verve di The Grudge (Lateralus) -con contaminazioni di stampo Meshugghiano-
ma sperimenta senza cadere nell'imitazione, aprendosi a nuove sonorità.
10.000 Days è l'album più complesso strumentalmente, rispolvera i vecchi TOOL,  remoti e recenti, si tinge di nuove atmosfere. Vengono lasciati da parte i suoni grezzi e acidi dello stoner/sludge, per abbracciare dei toni più puliti, evocativi ma non per questo meno aggressivi.
Si perde la continuità sonora tipica di Lateralus, così come viene messa da parte la struttura della tracklist intro-traccia. Forti anche di una pulizia e qualità del suono elevata e cristallina, sotto ogni suo aspetto, finalmente all'altezza della band.
10.000 Days ha l'umiltà di tornare sui suoi passi, riosservando la strada fatta, con occhi nuovi, ma senza rinnegarsi anzi arricchendosi dall'esperienza precedente.
10.000 giorni, 27 anni circa, possono riferirsi al periodo di rivoluzione di Saturno, il cui compimento simboleggia il rinnovamento (argomento già trattato in The Grudge), ma con molta probabilità è un riferimento agli anni di paralisi che la madre di Maynard ha passato, in seguito ad un ictus, prima di morire.
La condizione della donna, in concomitanza con la sua fede ardente, ha spesso influenzato le liriche di Maynard, ne sono un esempio palese Jimmy [Ænima] e Judith (con gli A Perfect Circle).
La title-track, parte di una doppia suite, elogia tale fede e bontà d'animo, con liriche strabordanti di cordoglio, accettazione e per certi versi sollievo. Sollievo per la liberazione di chi ha vissuto l'inferno e può finalmente raggiungere il suo meritato paradiso. Non mancano le stoccate alle istituzioni religiose, a chi fa della fede uno status symbol, o peggio, uno strumento di controllo, ma allo stesso modo si apprezza la capacità di Credere, non per fanatismo ma per purezza di intenzioni.
All'interno dei due brani, tra giri di basso ipnotici, fanno eco i tuoni di un temporale in avvicinamento, carico non solo di pioggia ma anche di cose non dette ed emozioni represse. Questi suoni, legandosi al brano, sviluppano un'intensità che trasuda una commistione di sentimenti complessi. Le parole profondamente sentite, unite ad atmosfere eteree, suoni ambientali (curati da Lustmord) e un apparato strumentale avvolgete ed in crescita progressiva, portano l'ascoltatore in un climax emotivo al cui termine rimane svuotato, ma appagato. Catarsi pura.
Dopo un brano simile, ci si potrebbe anche fermare e chiudere con classe, ma i TOOL continuano imperterriti con una tracklist saggiamente programmata per assecondare
tali altalene emotive. E con brani come The Pot, secondo singolo estratto, la cui struttura richiama i TOOL di Undertow [1994] ma nella loro nuova veste Neoprogressive, ripartono alla carica. Lasciando spazio al canto ancestrale e ai battiti di un bastone da sciamano di Lipan Conjuring,  ricostruzione di una preghiera/esorcismo Apache o forse scherzone della band,
non lo sapremo mai, ma che comunque contribuisce ad alimentare l'atmosfera.
La monolitica Rosetta Stoned, gemella di Third Eye [Ænima] (il cui "step" introduttivo accende ancora discussioni e speculazioni tra i fan) è l'ennesima riprova del miglioramento qualitativo e tecnico della band e si aggiunge di prepotenza al panteon dei brani eccelsi del gruppo.
Intension, brano che si muove tra stati di coscienza elevati, raccoglie l'eredità e l'intensità di Dispostion (Lateralus), mentre Right in Two riesce ad accattivare immediatamente l'ascoltatore.
Da notare il ritorno dell’artista Alex Gray che collabora curando artwork e booklet e, insieme ad Adam Jones, crea il videoclip di Vicarious.
La voce poliedrica, la poesia lirica e le raffinate melodie vocali di Maynard, il lavoro mastodontico sulle percussioni fatto da Danny Carey, i groove di Justin Chancellor, i riff incisivi di Adam Jones, si mescolano in un calderone di melodie complesse, atmosfere eteree e perigliose poliritmie, senza mai suonare verbosi, concedendosi degli svisi tipici del genere ma in modo controllato. Tra percorsi di iniziazione nel deserto, riti ancestrali degli Apache, ritmi tribali, iconografia cristiana, alieni e abduction (o forse bad trip a base di DMT), condendo il tutto con abbondati dosi di esoterismo, i TOOL ci regalano un nuovo viaggio lontano dai fumi della psichedelìa ma altrettanto allucinante, cercando di vertere verso stadi di coscienza più elevati ma senza alcuna pretesa o arroganza, usando i brani come pennelli per dipingere scenari estremamente definiti nella mente dell'ascoltatore, mentre nel contempo ne sfiorano le corde emotive, arrivando a chi ha la pazienza di chiudere gli occhi ed estraniarsi dal mondo affrontando questo pellegrinaggio nel deserto notturno insieme a loro.
E voi?
"Cosa farete quando la luce andrà via, senza nessuno che vi guidi verso Zion?
Cosa farete quando i fiumi strariperanno, oltre a tremare incessantemente?"
Io, nel dubbio, metterò questo disco e mi riascolterò l'album.

-          Molkolm Lheuk Willznor

CALDAMENTE CONSIGLIATO

Track List :
  1. Vicarious - 7:06
  2. Jambi - 7:28
  3. Wings for Marie (Part 1) - 6:11
  4. 10,000 Days (Wings Part 2) - 11:13
  5. The Pot - 6:21
  6. Lipan Conjuring - 1:11
  7. Lost Keys (Blame Hofmann) - 3:46
  8. Rosetta Stoned - 11:11
  9. Intension - 7:21
  10. Right in Two - 8:55
  11. Viginti Tres - 5:02

Line Up :
Maynard James Keenan – Voce
Adam Jones – Chitarre
Justin Chancellor – Basso
Danny Carey – Batteria e Percussioni

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